Le cause dell’ansia

La corteccia cerebrale e le cause dell'ansia

Questo articolo di approfondimento è rivolto a chi vuole comprendere un po’ più nello specifico come funziona e quali sono le cause dell’ansia.

Di seguito vedremo in che modo sono collegati gli stati di ansia con l’attivazione del Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Descriveremo la funzione e il ruolo dell’amigdala e della corteccia prefrontale nei processi di rilevazione e valutazione del pericolo e di come questi influiscono sull’intensità dell’ansia percepita.

Perché le persone reagiscono in modo diverso all’ansia? Valutazione del pericolo e attivazione del Sistema Nervoso Autonomo (SNA)

I neuroni e le cause dell'ansia

Nei precedenti articoli sull’ansia e sugli attacchi di panico, abbiamo visto come gli esseri umani hanno sviluppato una capacità adattiva di rispondere rapidamente al pericolo, prima ancora di avere una consapevolezza a livello cognitivo, attraverso l’attivazione del Sistema Nervoso Autonomo (SNA).

Questa caratteristica di automaticità di risposta, da un lato è funzionale quando ad esempio dobbiamo toglierci immediatamente dalla strada perché una macchina sbucata all’improvviso ci sta per investire; dall’atro può generare falsi allarmi che solitamente però vengono corretti da una seconda valutazione più lenta ma più consapevole e riflessiva. Questa seconda valutazione e quindi il modo con cui interpretiamo gli stimoli sensoriali interni ha un ruolo cruciale nel disinnesco o nell’incremento dell’allarme lanciato dal SNA.

Quindi, un determinato stimolo attivante che può essere rappresentato da una sensazione fisica, un pensiero, un’immagine o una situazione esterna, viene valutato inizialmente in modo rapido e involontario.  La valutazione più o meno negativa di un determinato stimolo è fortemente soggettiva, in quanto legato al significato attribuito. Alcune persone quindi potranno avvertire un pericolo laddove altri non ne rileveranno. In caso di rilevazione di una potenziale minaccia, il SNA attiva una immediata modalità primitiva di risposta. Questa risposta è rigida, pervasiva e non ci permette di vedere altro, se non la minaccia stessa. Tale modalità determinerà la comparsa di sintomi ansiosi.

A questa prima rapida attivazione però, segue una rivalutazione elaborativa secondaria che non è detto che sia in grado di correggere la valutazione della modalità primitiva di minaccia. Questa infatti, può disconfermare o confermare l’iniziale percezione di pericolo.

In alcuni casi l’individuo userà la propria capacità di leggere i dati di realtà, e considerare le proprie abilità per affrontarla in modo congruente, il che produrrà una riduzione della risposta ansiosa.

In altri casi si innescherà un ciclo di pensieri legati alla percepita mancanza di risorse e a preoccupazioni che non fanno altro che aumentare lo stato ansioso. Questo è il motivo per cui le persone reagiscono in modo diverso all’ansia. Le differenze, infatti, dipendono dal modo in cui viene valutata la minaccia e si giudicano le risorse personali per affrontare il pericolo. Un aspetto chiave della rivalutazione secondaria è la valutazione della propria abilità di affrontare la minaccia percepita. Quando una persona pensa di essere vulnerabile, di non potercela fare e mette costantemente in atto comportamenti alla ricerca di sicurezza (ad esempio, sedersi nel posto più esterno della fila, scegliere il corridoio meno affollato, ecc.) il suo set di vulnerabilità cognitiva viene automaticamente rinforzato. Nel tempo si troverà a pensare di essere sempre meno capace e adeguato ad affrontare le situazioni temute.

A seconda, quindi, dell’esito della rivalutazione secondaria, si avrà un aumento o un decremento dei sintomi ansiosi, innescati dalla modalità primitiva di minaccia.

Quali sono le cause dei sintomi di ansia e agitazione? Il ruolo dell’amigdala nell’attivazione degli stati di allerta

l'amigdala e le cause dell'ansia

Questa costante scansione dei pericoli operata dal nostro SNA, avviene attraverso una continua elaborazione delle informazioni e degli stimoli che dall’ambiente raggiungono i nostri sensi. Tale processo è stato chiamato “Neurocezione”(1) ed è responsabile dell’attivazione del nostro primitivo sistema di difesa che incanala il segnale nelle due vie che lo costituiscono, il Sistema Nervoso Simpatico (SNS) e il Sistema Nervoso Parasimpatico (SNP) che sono preposti al controllo del livello di energia corporea. 

Quindi alla base della spiegazione e delle cause dei sintomi di ansia e agitazione a livello neurofisiologico, un ruolo centrale è ricoperto dall’amigdala che è una delle aree più antiche del nostro cervello ed è la parte organica deputata ad attivare l’ansia e la paura. Essa si è rivelata essenziale per la nostra sopravvivenza, possiamo immaginarla come una sorta di “centralina” di allarme del nostro sistema di pericolo: si attiva quando ci troviamo di fronte a una situazione minacciosa ed ha tuttora il compito di favorire la comparsa di reazioni d’allarme rapide, autonome, indipendentemente dai ragionamenti consapevoli. La velocità di azione è la caratteristica che ci ha permesso di sopravvivere fino ad oggi. 

Quando ti trovi nelle situazioni che consideri minacciose o pericolose non puoi fare a meno di provare paura. È come se l’amigdala ti rapisse e scattasse da sola. Questo è quello che viene chiamato “sequestro dell’amigdala”. Perché accade? I segnali provenienti dagli organi di senso, principalmente vista, udito e olfatto, raggiungono dapprima il talamo, rispettivamente visivo, uditivo e olfattivo. Da qui, se l’informazione viene percepita come sconosciuta, minacciosa, o dolorosa, viene trasmessa all’amigdala che attiva il SNS allo scopo di predisporre un attacco o una fuga.

Il SNS si preoccupa di mantenere il corpo sempre reattivo, pronto a rilasciare energia per azionare il sistema attacco-fuga, innescando la sensazione di ansia con tutti i sintomi fisici correlati. Il SNP si occupa di abbassare i livelli di energia che in casi estremi può “spegnere” il nostro organismo con la corrispondente sensazione di paralisi, di assenza di energie disponibili.

L’attività del SNS viene portata in tutte le sedi corporee da due messaggeri detti neurotrasmettitori: l’adrenalina e la noradrenalina. Quando i segnali di allarme cessano, gradualmente l’organismo ritorna in una condizione di quiete anche grazie all’attivazione del sistema parasimpatico. 

Il SNS produce l’attivazione dell’intero metabolismo, infatti, dilata le pupille, per vedere più in profondità, aumenta il battito cardiaco per essere più pronti all’attacco o alla fuga, dilata i bronchi per aumentare la scorta di ossigeno che serve per correre, aumenta la tensione muscolare delle gambe per essere più pronti a reagire. Inoltre, inibisce l’attività digestiva perché convoglia la circolazione sanguigna in distretti corporei più importanti per difendersi attaccare, aumenta la secrezione dell’adrenalina da parte del surrene per preparare lo stato di allerta, stimola il rilascio del glucosio da parte del fegato, per avere maggiore scorta di zuccheri, e quindi di energia.

Tutte queste condizioni fisiche che, come abbiamo detto, sono finalizzate alla sopravvivenza, in realtà vengono vissute come sgradevoli perché, a differenza dei nostri progenitori che dovevano confrontarsi con pericoli reali di vita o di morte, adesso i pericoli sono più simbolici e non richiedono una risposta di attivazione così evidente da un punto di vista fisico. Quando l’amigdala ci rapisce senza che ci sia un reale pericolo, i nostri muscoli delle gambe non saranno percepiti come pronti per attivarsi ma come tesi e contratti, i nostri bronchi ci porteranno a iperventilare, non capiremo il motivo della nostra tachicardia o la attribuiremo ad altre ragioni, non comprenderemo la cessazione della circolazione sanguigna periferica a favore di quella centrale, ma percepiremo solo la freddezza delle estremità delle mani e dei piedi.

Queste sensazioni apparentemente inspiegabili, alimentano un circolo vizioso di allarme che genera quella che noi chiamiamo ansia, di intensità crescente e che nella sua forma più esasperata può culminare nell’attacco di panico.

Come vedremo nel paragrafo successivo, per bilanciare questa componente molto istintiva, e garantire una risposta più bilanciata, interviene la corteccia prefrontale che la funzione di “razionalizzare” mitigando le forze impulsive in atto. 


(1) Deb Dana, La Teoria Polivagale nella terapia, Giovanni Fioriti Editore, 2019, Roma

Come calmare l’ansia? La funzione della corteccia prefrontale

La corteccia cerebrale e le cause dell'ansia

Per calmare l’ansia, il nostro cervello si avvale di un’altra parte molto importante che rappresenta l’area più razionale: la corteccia. La corteccia, nello specifico quella prefrontale, che nello sviluppo evolutivo si è formata in un secondo momento, è coinvolta nella pianificazione esecutiva e ha lo scopo di rivalutare la minaccia, prestare attenzione, aiutare a controllare gli impulsi, risolvere i problemi, riflettere sulle conseguenze delle nostre decisioni.

Potremmo dire che è il nostro cervello pensante. La corteccia prefrontale, per questi motivi, è cruciale per il funzionamento sano e produttivo della persona nella vita di tutti i giorni. La corteccia, essendo di sviluppo più recente rispetto all’antico sistema limbico con l’amigdala, ci distingue dai nostri progenitori che rispondevano agli stimoli principalmente attraverso l’amigdala. 

Quindi, la corteccia coinvolta nella memoria, nel ragionamento e nel giudizio può correggere le strutture cerebrali emozionali più antiche e automatiche, riducendo la possibilità di falsi allarmi e quindi l’esperienza soggettiva dell’ansia.

In conclusione, è proprio a partire da questi contributi offerti dalle neuroscienze che hanno preso vita i più recenti interventi terapeutici che attraverso l’utilizzo di tecniche psicocorporee intendono agire sul SNP specialmente sul nervo vago come proposto dalla Terapia Polivagale per ripristinare il senso di sicurezza interno e disinnescare la reazione di allarme. Un ruolo centrale nell’applicazione delle tecniche psicocorporee è ricoperto dalla respirazione. Porre l’attenzione alle sensazioni legate al respiro ci aiuta a mantenerci in contatto col nostro corpo nel momento presente e questo favorisce una maggiore padronanza nella modulazione intenzionale della nostra risposta corporea agli stimoli ambientali. Queste tecniche oltre che nella cura dell’ansia sono utili nella vita di tutti i giorni per ridurre stress e tensioni e favorire la calma interiore e il rilassamento corporeo. 

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