PROBLEMI DI ANSIA E ATTACCHI DI PANICO

Negli ultimi anni sempre più persone chiedono aiuto per problemi di ansia. Questo incremento dell’ansia e dei disturbi d’ansia si sviluppa in parallelo con un aumento di fattori stressanti, di natura multifattoriale (personali, familiari, sociali, eventi stressanti di varia natura).

Di per sè l’ansia non è un problema, bensì una normale risposta adattiva del nostro organismo, che sperimentiamo e manifestiamo sul piano delle sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti e che ci predispone ad affrontare un potenziale pericolo. L’ansia rappresenta quindi una importante risorsa in quanto ha una funzione adattiva per la sopravvivenza. La sua funzione è proprio quella di attivare l’organismo per affrontare al meglio pericoli, minacce o eventi significativi a cui siamo esposti. Questo stato di maggiore attivazione e la spinta motivazionale che ne consegue favoriscono l’aumento di concentrazione, di attenzione, e in generale un aumento della soglia di reattività, necessaria e funzionale a rispondere alla situazione che ci attende.

L’ansia tende ad aumentare di intensità e può rappresentare un problema tanto più la percezione di pericolo non è supportata dall’esame di realtà, ovvero dalla presenza di un pericolo realmente imminente e tanto più il pericolo è percepito più grande della nostra capacità di fronteggiarlo. In questi casi si innescherà un ciclo di pensieri legati alla percepita mancanza di risorse e a preoccupazioni che non fanno altro che aumentare lo stato ansioso.

Un aspetto chiave quindi che determina l’intensità e la pervasività della sintomatologia ansiosa è la valutazione delle proprie capacità di affrontare la minaccia percepita. Quando una persona pensa di essere vulnerabile, di non potercela fare e mette costantemente in atto comportamenti alla ricerca di sicurezza il suo set di vulnerabilità cognitiva viene automaticamente rinforzato. Nel tempo si troverà a pensare di essere sempre meno capace e adeguato ad affrontare le situazioni temute.

Nella psicoterapia per superare le difficoltà legate all’ansia è importante lavorare a più livelli: cognitivo, emotivo, comportamentale e corporeo. 

Nella pianificazione e nell’intervento terapeutico per curare i problemi legati all’ansia è importante fare riferimento alle linee guida più accreditate dalla comunità scientifica e al tempo stesso bisogna tener conto delle differenze individuali e del contesto in cui si manifesta quella specifica problematica. 

Il focus nel trattamento dei problemi di ansia e di attacchi di panico, si concentra tendenzialmente sui seguenti punti:

  • Imparare ad osservarsi, notare, riconoscere e distinguere sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti attivati durante gli stati d’ansia;
  • Riconoscere i pensieri disfunzionali con cui interpretiamo alcuni stimoli interno o esterni e che contribuiscono ad amplificare la sintomatologia ansiosa;
  • Prendere consapevolezza dei bias cognitivi con cui si distorce la percezione di sé e del mondo esterno che confermano le credenze disfunzionali e che mantengono i disturbi d’ansia;
  • Ristrutturazione cognitiva, modificando gli schemi maladattivi e promuovendo la costruzione di forme di pensiero più funzionali; 
  • Problem solving;
  • Lavorare sul corpo attraverso l’apprendimento di tecniche di respirazione e tecniche di rilassamento;
  • Praticare la mindfulness.

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Ansia e disturbi d’ansia

Negli ultimi anni sempre più persone chiedono aiuto per problemi di ansia. Questo incremento dell’ansia  e dei disturbi d’ansia si sviluppa in parallelo con un aumento di fattori stressanti, di natura multifattoriale (personali, familiari, sociali, eventi stressanti di varia natura).

In questo breve contributo, cercheremo di favorire una comprensione del fenomeno dell’ansia nelle sue manifestazioni funzionali e disfunzionali. Descriveremo che cosa è l’ansia, a cosa è dovuta l’ansia, quali sono i sintomi più comuni. Ci soffermeremo a distinguere i tipi di ansia, ovvero quando costituisce una risorsa e quando inizia a configurarsi come un disturbo d’ansia. A tal proposito vedremo quali sono i disturbi d’ansia, come curare i disturbi d’ansia e a chi rivolgersi distinguendo tra cure con e senza farmaci.

Che cos'è l'ansia: definizione

Ansia deriva dal latino tardo anxia, termine che ha la sua radice nel verbo latino ango che significa stringere, soffocare. Similmente anche la parola “angosciare” spesso associata all’ansia ha la sua origine sempre dal verbo ango.(1) La parola “ansia” è ad oggi un termine di utilizzo comune, largamente usato per definire uno stato di preoccupazione, irrequietezza, agitazione, talvolta paura.  Quindi che cos’è l’ansia? Quale definizione dell’ansia può aiutarci a comprenderne il significato e il funzionamento. L’ansia è una normale risposta adattiva del nostro organismo che ci predispone ad affrontare un potenziale pericolo. L’ansia coinvolge un complesso sistema di reazioni a livello neurofisiologico e che sperimentiamo e manifestiamo sul piano delle sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti.   L’ansia di per sé è una importante risorsa in quanto ha una funzione adattiva per la sopravvivenza. La sua funzione è proprio quella di attivare l’organismo per affrontare al meglio pericoli, minacce o eventi significativi a cui siamo esposti. Questo stato di maggiore attivazione e la spinta motivazionale che ne consegue favoriscono l’aumento di concentrazione, di attenzione, e in generale un aumento della soglia di reattività, necessaria e funzionale a rispondere alla situazione che ci attende.

Che differenza c’è tra paura e ansia?

che differenza c'è tra ansia e paura

La paura è una delle emozioni di base ed è funzionale alla sopravvivenza della specie, è una risposta neurofisiologica automatica e immediata di allarme riferita ad un pericolo reale ed imminente. E’ un’emozione che ci accomuna ad altri animali, soprattutto con i mammiferi ed ha la caratteristica di estinguersi poco dopo la cessazione della minaccia.

L’ansia invece è un sistema di risposta più complesso ed evoluto, tipicamente umano e che si avvale delle nostre capacità cognitive di anticipazione e progettazione.

Quando parliamo di ansia quindi non necessariamente siamo in presenza di un pericolo. L’ansia può essere attivata anche dal pensare a qualche situazione temuta. L’attitudine ad anticipare mentalmente gli eventi e formulare piani d’azione utili alla loro soluzione è una valida competenza umana. Tuttavia se tale stile di pensiero diventa dominante e molto ripetitivo, può contribuire all’instaurarsi di una sorta di “loop ansiogeno”, in cui la persona rimane incastrata nella propria preoccupazione e non riesce a mettere in campo un efficace piano di azione. Soprattutto quelle persone che hanno difficoltà a vivere il momento presente e che tendono a pensare molto al futuro, sono spesso e più intensamente in contatto con l’ansia. Tanto più immaginiamo il futuro come uno scenario difficile, preoccupante, incerto, finanche catastrofico, in concomitanza di un basso senso di autoefficacia, tanto più elevati saranno i livelli di ansia percepiti.

Una domanda molto comune è “quali sono le cause dell’ansia?” Come abbiamo detto, l’ansia è un’emozione naturale, che ha una funzione adattiva per l’uomo, consentendogli di attivarsi e prepararsi al meglio per affrontare sfide e pericoli. 

Riferendosi alla causa dell’ansia patologica e quindi ai relativi disturbi d’ansia, è utile leggere il fenomeno secondo il modello bio-psico-sociale secondo cui ogni condizione di salute o di malattia sia influenzato dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali/culturali

Le nostre caratteristiche genetiche ereditarie, le esperienze che facciamo, gli eventi che ci coinvolgono, il tipo di relazioni affettive e sociali in cui siamo inseriti, i valori e la cultura di riferimento, i vari sistemi in cui siamo inseriti (famiglia, paese, nazionalità, religione, usi e costumi, ecc) interagiscono tra di loro contribuendo a influenzare il nostro stato emotivo, e quindi anche i nostri livelli di ansia. 

Alcuni fattori di rischio come eventi traumatici, esposizione prolungata a condizioni di stress e appartenenza a contesti familiari disfunzionali (soprattutto quando sono connotati da dinamiche di invischiamento, forte ipercontrollo e ostilità), possono avere un peso rilevante nell’insorgenza dei disturbi d’ansia.

Quando preoccuparsi per l’ansia. Dall’ansia “normale” all’ansia “patologica”

soffrire di ansia

Spesso le persone si spaventano quando entrano in contatto con alcune sensazioni fisiche legate all’ansia, iniziando a fare una serie di pensieri allarmanti che contribuiscono a innescare una escalation ansiogena di intensità crescente che può culminare nel panico a cui si associa la sensazione di perdere il controllo sul proprio stato emotivo o di avere uno scompenso cardio-respiratorio.

L’ansia tende ad aumentare di intensità ed a diventare patologica tanto più la percezione di pericolo non è supportata dall’esame di realtà, ovvero dalla presenza di un pericolo realmente imminente e tanto più il pericolo è percepito più grande della nostra capacità di fronteggiarlo. In questi casi si innescherà un ciclo di pensieri legati alla percepita mancanza di risorse e a preoccupazioni che non fanno altro che aumentare lo stato ansioso. Questo è il motivo per cui le persone reagiscono in modo diverso all’ansia. Le differenze, infatti, dipendono dal modo in cui viene valutata la minaccia e si giudicano le risorse personali per affrontare il pericolo

Un aspetto chiave quindi che determina l’intensità e la pervasività della sintomatologia ansiosa è la valutazione delle proprie capacità di affrontare la minaccia percepita. Quando una persona pensa di essere vulnerabile, di non potercela fare e mette costantemente in atto comportamenti alla ricerca di sicurezza (ad esempio, sedersi nel posto più esterno della fila, scegliere il corridoio meno affollato, ecc.) il suo set di vulnerabilità cognitiva viene automaticamente rinforzato. Nel tempo si troverà a pensare di essere sempre meno capace e adeguato ad affrontare le situazioni temute.

Quali sono i sintomi dell’ansia?

quali sono i sintomi dell'ansia

Tutte le persone conoscono la sensazione dell’ansia, tuttavia l’intensità dei sintomi e la suscettibilità agli stimoli esterni o interni può variare molto da persona a persona. Di seguito riportiamo i principali sintomi fisici, psicologici e comportamentali.

Sintomi fisici:

In un adulto si parla di tachicardia quando la frequenza cardiaca a riposo supera i 100 battiti per minuto. Tale condizione generalmente viene percepita come la sensazione “di cuore in gola” e rientra nella più ampia categoria delle palpitazioni ovvero di quell’insieme di irregolarità che possono alterare il ritmo del cuore. 

Generalmente la tachicardia di origine ansiosa si distingue da quella di natura cardiologica per la frequenza cardiaca che nella prima si mantiene entro i 130 battiti al minuto, mentre nella seconda può essere superiore ai 150/200 battiti. Inoltre nella tachicardia da ansia il battito cardiaco è accelerato ma resta comunque costante e non presenta irregolarità nel ritmo, mentre un ritmo irregolare è tipico di condizioni cardiologiche.

La tachicardia derivante dall’ansia, si genera a seguito dell’attivazione del sistema attacco/fuga ed è accompagnata dai sentimenti di paura e preoccupazione e da pensieri negativi spesso legati ad eventi futuri temuti. A volte la tachicardia si manifesta di notte provocando insonnia. (2)

In generale la tachicardia data da ansia e stress solitamente non comporta un rischio per il cuore ed è sufficiente riuscire a ritrovare un po’ di calma per ottenere la risoluzione del sintomo, senza che vi siano conseguenze. Diverso è il caso di pazienti con patologie cardiache già in atto: in questo caso, è bene non sottovalutare lo stress al quale il cuore viene sottoposto con forti battiti accelerati durante un episodio tachicardico e, se non si risolve in breve tempo, è consigliabile rivolgersi al medico.(3)

Questo fenomeno si riferisce ad un tipo di respiro corto o affannoso, chiamato anche fame d’aria, che quando si verifica in risposta a condizioni di ansia e stress viene detta dispnea psicogena. 

Durante episodi di ansia intensa o attacchi di panico, come per la tachicardia, il corpo entra in uno stato di allerta in seguito all’attivazione del sistema attacco/fuga. In questa condizione, si assiste quindi ad un innalzamento della frequenza cardiaca, aumenta la sudorazione e può portare a iperventilazione (linkare all’articolo specifico sull’iperventilazione). In alcuni casi può determinarsi quindi una sensazione di affanno, mancanza d’aria o oppressione toracica, anche se non ci sono problemi fisici reali che causano la difficoltà respiratoria. 

Va specificato come questa mancanza d’aria, così come il respiro affannoso, hanno come obiettivo principale quello di aumentare il livello di ossigeno nel sangue, così da fornire ai muscoli la giusta energia per l’attacco o la fuga.

Nonostante la sensazione di soffocamento la dispnea da ansia non è pericolosa, e può essere gestita attraverso tecniche di respirazione, come la respirazione diaframmatica (link all’articolo respirazione diaframmatica).(4)

Le preoccupazioni, il nervosismo e gli stati ansiogeni sono fra i fattori scatenanti più comuni delle contratture dei muscoli. In questi casi, è importante agire a monte, per cercare di alleviare il malessere psico-emotivo e, di conseguenza, anche i sintomi fisici collegati. 

La tensione muscolare causata dall’ansia può essere percepita in diverse zone del corpo, principalmente nell’addome, nella schiena o nel collo. In particolare la tensione nelle spalle e nel collo, è molto legata alla respirazione, infatti in condizioni normali, quando si respira si contrae il muscolo diaframma abbassandolo, in tal modo si crea uno spazio nel quale i polmoni possono espandersi, riempiendosi d’aria. Quando si è tesi e preoccupati, invece, tendiamo ad accorciare il respiro e il diaframma perde parzialmente la sua capacità di abbassarsi e di fare spazio. Ciò comporta una diminuzione dell’aria introdotta che causa la sensazione del respiro corto. Il corpo usa allora un piccolo trucco: eleva di pochi millimetri le spalle e il collo a ogni respiro, in modo da creare più spazio, ma questo finisce con l’originare tensioni muscolari. In aggiunta, quando si è sotto stress l’organismo attiva la reazione di attacco: entra cioè in campo il sistema nervoso simpatico che va a stimolare dei meccanismi che, per una serie di eventi concatenati, portano i muscoli a contrarsi. Se lo stress e l’ansia perdurano, i muscoli rimangono in una sorta di contrazione cronica, dando luogo a dolori, malesseri, limitazioni nei movimenti. Fra l’altro, l’ansia e lo stress prolungati fanno calare i livelli di endorfine, sostanze che funzionano come antidolorifici naturali; di conseguenza, il dolore si avverte maggiormente.(5)

In condizioni “normali”, lo stomaco si contrae e si rilassa in modo regolare e costante. Quando questo ritmo è disturbato si presenta la nausea. Diversi fattori possono portare a questa sensazione fisica come l’ingestione di certi cibi, i disturbi vestibolari, l’ipotensione posturale o anche stimoli precedentemente neutri.

La funzione dell’alimentazione e della digestione sono le prime a bloccarsi durante uno stato di allerta, ma se la persona interpreta erroneamente la nausea come un segno dell’imminente vomito è più probabile che l’ansia aumenti e porti al panico.

Ma, fortunatamente, che la nausea porti al vomito accade raramente, è più probabile che le persone sovrastimino questa eventualità. (6)

Il tremore si definisce come un’oscillazione ritmica e involontaria di una parte del corpo, rispetto a un asse. La causa più diretta dei tremori è da attribuire al contrarsi alternato di gruppi muscolari tra loro antagonisti. 

Il tremore da ansia è un sintomo che solitamente insorge all’improvviso e può essere esterni, cioè visibili dall’esterno, oppure interni, cioè percepiti solo da chi li prova. Così, alcune persone possono avvertire una sensazione di vibrazione all’interno del proprio corpo, in prossimità di un arto, del tronco o di un organo. Si tratta di sensazioni simili al sentir battere il cuore in altre parti del corpo, anche distanti dal petto.

Generalmente, in caso di forte ansia, i tremori più frequenti riguardano le mani, ma possono estendersi alle gambe e ad altre parti del corpo. (7)

Esistono diversi rimedi per smettere di tremare, per esempio mettendo in pratica delle tecniche di respirazione e/o delle tecniche psicocorporee idonee sotto la guida di uno specialista come lo psicologo.

La sudorazione aiuta a controllare la temperatura corporea, che si innalza quando vi sono stati ansiosi. Infatti, lo stress stimola il sistema nervoso simpatico con aumento dei livelli di adrenalina e noradrenalina che stimolano un aumento del metabolismo, incrementando così la produzione del calore e la conseguente sudorazione utile all’abbassamento della temperatura corporea.

Nuovamente, maggiore è l’attenzione e la catastrofizzazione rispetto a tali sintomi fisici maggiore sarà la probabilità che questi aumentino di intensità. (8)

La minzione frequente o la sensazione di un urgente bisogno di urinare possono avere delle cause psicologiche come stati di agitazione, stress e ansia a scatenare la necessità di fare pipì. Per indirizzare correttamente il tipo di intervento, è fondamentale distinguere la natura dei sintomi facendo diagnosi differenziale con la sindrome da vescica iperattiva

La sindrome da vescica iperattiva, oltre alle frequenti minzioni, presenta altri sintomi, come l’urgenza minzionale, ovvero il bisogno improvviso di urinare, e incontinenza. In mancanza di tali sintomi la causa potrebbe, allora, essere psicologica, in particolar modo se alle minzioni frequenti si accompagnano altre manifestazioni tipiche dell’ansia.

Il perché l’ansia fa fare tanta pipì è strettamente connesso alla nota reazione di attacco o fuga, ovvero un meccanismo fisiologico, del tutto normale, che si attiva come risposta a una situazione di pericolo, sia per sé stessi, sia per una persona cara. In tali situazioni, il corpo modifica il suo stato per prepararsi a reagire, scappando dal pericolo (fuga) o contrattaccando (attacco).

Lo fa, ad esempio, aumentando la frequenza cardiaca, mettendo in tensione i muscoli e concentrando l’afflusso di sangue in essi: tutte reazioni che servono per preparare il corpo ad agire.

In questa fase anche le ghiandole surrenali vengono stimolate, aumentando, così, la produzione di cortisolo, adrenalina e noradreanalina, che causano una riduzione del riassorbimento di acqua da parte dei reni. La vescica si riempie e le sue pareti si contraggono inviando al cervello un segnale che viene interpretato come la necessità di urinare. (9)

Le vertigini sono il prodotto dell’illusione del movimento di sé o dell’ambiente. Consistono in sensazioni di confusione o di giramenti, di capogiri o di stordimenti. 

Quando le informazioni provenienti dal sistema dell’equilibrio (sistema visivo, somatosensoriale e vestibolare) entrano in conflitto si verificano le vertigini.

I problemi dell’equilibrio e i sintomi fisici associati (instabilità, ansia, sudore freddo, palpitazioni) possono verificarsi anche in seguito ad ansia, iperventilazione e reazioni comuni allo stress come stringere la mascella e i denti.

Ovviamente l’intensità delle vertigini può aumentare se viene data maggiore attenzione a queste sensazioni. (10)

Per questa particolare condizione esiste un termine scientifico, ovvero xerostomia, La xerostomia è una condizione in cui la bocca produce una quantità insufficiente di saliva che provoca una sensazione fastidiosa e fatica a deglutire o parlare.

Quest’ultima è fondamentale per mantenere la cavità umida e svolge diversi ruoli cruciali per la salute orale: oltre a favorire la deglutizione e la digestione dei cibi, aiuta a proteggere i denti da carie e infezioni, controlla la proliferazione di batteri dannosi e contribuisce al mantenimento di un equilibrio del pH nella bocca.

Tuttavia nel caso di secchezza delle fauci di natura ansiosa, di solito è una condizione transitoria che si dissolve quando ci si tranquillizza.  Se invece il sintomo persiste, è necessario fare approfondimenti medici.

A partire dal caratteristico formicolio degli arti, che, oltre ad essere per lo più determinato dalla postura e dall’inattività prolungata, può essere legato ad un elevato livello di ansia e stress. Anche il formicolio è strettamente legato al nostro meccanismo di difesa primordiale di attacco-fuga, infatti il nostro sistema nervoso comanda diverse ghiandole, in particolare, in caso di pericolo reale o potenziale, dà il comando ai surreni di produrre alcuni ormoni come adrenalina e cortisolo. 

L’adrenalina in particolare agisce sui recettori del cuore e sui vasi sanguigni: quella in circolo richiama più sangue al cuore sottraendolo dagli arti, causando così il formicolio. Questo ormone determina infatti la vasocostrizione di alcuni distretti per dare la “precedenza” all’apparato muscolare. Quindi gli arti e gli organi periferici, come la cute, e anche tutti i vasi e gli organi intestinali vedono una riduzione della circolazione sanguigna.
Sono sbiancato di paura” si dice non a caso: con stress e paura la superficie del nostro corpo riceve meno sangue, che viene destinato ai muscoli per prepararli ad una reazione. Quando però viene a mancare il sangue nella sottocute, si percepisce il formicolio, cosa che succede ad esempio anche quando fa freddo, perché il sangue viene reclutato principalmente per la funzionalità degli organi interni. (11)

Sintomi psicologici:

La persona può sviluppare pensieri negativi, infausti, timori (infondati) che possa accaderle qualcosa di male. Molte persone riferiscono sentimenti di apprensione circa la salute e l’incolumità fisica dei familiari, la situazione finanziaria, le capacità di rendimento lavorativo o scolastico. Prevalgono aspettative catastrofiche che alimentano la preoccupazione per il futuro e che alimentano un circolo vizioso da cui per cui la persona fatica ad uscire nel illusorio tentativo di immaginare, prevedere e prepararsi agli eventi temuti. Ovviamente questo stile cognitivo, toglie energie e lucidità di pensiero e condiziona negativamente le proprie capacità di problem solving. Quindi paradossalmente questi faticosi tentativi possono contribuire abbassare la nostra capacità di fronteggiamento delle situazioni che dobbiamo affrontare. Quando ci accorgiamo di essere entrati in questo loop di pensieri, è utile fermarsi e respirare consapevolmente per ricentrarsi e tornare con i piedi per terra.

La “concentrazione” è la nostra capacità di focalizzare l’attività cerebrale su uno o più stimoli ben definiti, aspetti o elementi caratteristici di un determinato contesto. Questa attività varia molto sulla base di umore, stress ed età della singola persona, oltre ad essere influenzata dalle condizioni ambientali in cui ci troviamo.

Possiamo perciò affermare che la difficoltà di concentrazione si manifesta quando la capacità mentale di mantenere l’attenzione focalizzata su uno stimolo preciso viene alterata.

Certamente, la capacità di concentrarci dipende dall’interesse o dalla motivazione cha abbiamo verso specifici oggetti o argomenti, ma possiamo riscontrare difficoltà di concentrazione anche in presenza di alcune problematiche, come ad esempio la mancanza di ferro e sali minerali, gli stati d’ansia, più o meno leggeri e temporanei, la carenza di sonno, l’eccessivo stress.

Ricordiamoci che durante gli stati di ansia il nostro organismo entra in uno stato di allerta che induce ad attivare le nostre difese di fronte a potenziali pericoli e cambiamenti. Questo stato di allerta ci rende più faticoso e difficile mantenere l’attenzione su altro che non sia la situazione di pericolo o di disagio temuta richiedendoci un grande dispendio di energie. Tutto questo non solo induce stanchezza mentale e fisica e aumenta gli episodi di distrazione, ma può generare o enfatizzare la difficoltà di concentrazione, i cali nel rendimento nello studio o nell’attività professionale.(12)

Il rimuginio è considerato una delle componenti principali dell’ansia, in particolare del disturbo d’ansia generalizzato, in cui il soggetto attiva un dialogo interno in cui ripete mentalmente a sé stesso che gli eventi andranno male o che qualcosa di spiacevole potrebbe capitargli da un momento all’altro.

Il rimuginio o “worry” è costituito da una forma di pensiero ripetitivo di tipo verbale e astratto, privo di dettagli e seguito, in molti casi dalla focalizzazione visiva di immagini relative ai possibili scenari ansiogeni. Il rimuginio è caratterizzato dalla ripetitività del pensiero; i pensieri, che si focalizzano su contenuti catastrofici di eventi che potrebbero manifestarsi in futuro, sono vissuti come incontrollabili e intrusivi.

Le tematiche del rimuginio sono classicamente di anticipazione di una minaccia futura, attivate anche da semplici processi decisionali o più generalizzate a situazioni percepite come potenzialmente minacciose.

Rimuginare sulla situazione temuta ha lo scopo di prevenirla e controllarla. Coloro che rimuginano sono inclini al sentirsi poco capaci di poter controllare gli eventi incerti (Harvey, Watkins, Mansell, & Shafran, 2004), per questo utilizzano il rimuginio come strumento mentale per anticipare e controllare il possibile verificarsi di un evento futuro temuto. Il non verificarsi delle conseguenze temute determina, quindi, il rinforzo di tale processo di pensiero (Borkovec et al., 2004).

Chi rimugina ha paura e teme sempre possa avverarsi il peggio, non riesce a valutare possibili alternative per gestire la situazione temuta e pensa che il rimuginare possa portare alla soluzione del problema. Alla lunga, chi rimugina si percepisce debole, fragile, insicuro, spaventato e costantemente soggiogato dalla pericolosità del futuro, di conseguenza il rimuginio si cronicizza e diventa disfunzionale e maladattivo (Clark, & Beck, 2010).(13)

Il rimuginio può divenire una forma di pensiero intrusiva, difficile da disinnescare e che può provocare una seria difficoltà a concentrarsi su altri compiti o su aspetti piacevoli della vita quotidiana.

Anche in questo caso per smettere di rimuginare è utile imparare a notare quando inneschiamo questo processo, aumentando la nostra consapevolezza e allenarci a riportare il focus della nostra attenzione sul qui e ora, aiutandoci con l’osservazione del nostro respiro e delle nostre sensazioni, con un atteggiamento non giudicante. Questa pratica di base della mindfulness può aiutare nel tempo a ridurre notevolmente questa modalità cognitiva disfunzionale.

Spesso quando si è in uno stato ansioso si è così presi dalle preoccupazioni e così imbrigliati nel loop di pensieri negativi che qualsiasi altro stimolo esterno, soprattutto se si tratta di richieste o impegni a cui far fronte, questi vengano vissuti con maggiore suscettibilità, provocando nervosismo e minore pazienza. Come quando si è di fronte ad una minaccia, il focus attentivo è fortemente incentrato sulla fonte di pericolo, per cui qualsiasi altro input tende ad essere vissuta come pericolosa distrazione che diminuisce la sensazione di controllo e quindi il senso di protezione. L’impazienza si manifesta anche nella maggiore difficoltà a dilazionare i propri bisogni, soprattutto quei bisogni che hanno a che fare con il prepararsi ad affrontare le situazioni temute.

Questa sensazione è molto comune nelle persone che soffrono di ansia, in particolare per quelle persone che hanno uno stile perfezionistico. La paura di perdere il controllo può palesarsi in concomitanza di sensazioni del corpo che apparentemente senza una ragione evidente, vengono interpretate erroneamente come segnali di pericolo imminente. L’intensità della paura è spesso alimentata dalla poca familiarità a stare in contatto consapevolmente con le proprie emozioni e con le sensazioni del corpo. Infatti uno dei modi per diminuire la paura di perdere il controllo è quella di allenarsi ad accogliere le nostre emozioni e i nostri pensieri, piuttosto che cercare di sopprimerli. Utilizzando una metafora del surf, potremmo dire che è utile imparare a “surfare” le nostre emozioni, rimanendo in contatto con esse trovando pian piano la giusta distanza ed equilibrio. Le nostre emozioni sono un segnale importante che ci dà informazioni su di noi, sugli altri e sull’ambiente circostante, aiutandoci a dare significato alla realtà. Stare in contatto con le emozioni ci consente di cogliere quali sono i nostri bisogni e di comprendere come muoverci per soddisfarli.

L’insonnia rappresenta uno dei più conosciuti disturbi del sonno e, con molta probabilità, anche quello maggiormente diffuso. Essa è caratterizzata da difficoltà nell’addormentamento e/o nel mantenimento del sonno con scarsa qualità del riposo notturno.

Ansia e insonnia possono legarsi in un processo di causalità circolare, ovvero è possibile che si rinforzino a vicenda: i pensieri negativi e le preoccupazioni possono disturbare il sonno così come e la perdita di sonno ed i pensieri legati al fatto di aver dormito poco e di non avere le forze sufficienti per affrontare la giornata, possono alimentare l’ansia dando vita ad un circolo vizioso.

Per ridurre l’insonnia e migliorare la qualità del sonno si possono adottare alcuni accorgimenti:

  • È importante costruire una routine rilassante prima di andare a dormire (come una lettura o un bagno caldo o una tisana …)
  • Evitare pasti pesanti
  • Limitare l’utilizzo di smartphone o tablet prima di dormire;
  • Se non si riesce a dormire è meglio alzarsi dal letto anziché restarci;
  • Se la mente è affollata di pensieri che ostacolano il lasciarsi andare, portare l’attenzione sul proprio respiro, notando le sensazioni legate al fluire del respiro. Espandere l’addome durante l’inspirazione e un po’ più lentamente espirare. Mettere una mano sull’addome durante la respirazione può aiutare a mantenere il contatto con le sensazioni del respiro.
  • Imparare ed applicare tecniche di rilassamento ed altri esercizi di respirazione per favorire l’addormentamento.

Se l’insonnia dovesse occorrere insieme a una manifestazione ansiosa tale da compromettere la qualità di vita, potrebbe essere opportuno consultare uno specialista della salute mentale (es. psicologo, psichiatra, ecc).

Per depersonalizzazione s’intende un’esperienza soggettiva di irrealtà, di distacco o estraneità dalla propria identità, dai propri pensieri, sensazioni, emozioni, oltre che dal proprio corpo.

Induce sensazioni disturbanti che includono un senso di non esistenza, di sentirsi fuori dal proprio corpo, come un osservatore esterno di se stesso (Sierra, 2009).

La depersonalizzazione è associata a una diminuzione o perdita di reattività emotiva, come una sorta di intorpidimento fisico ed emotivo (APA, 2013). Questa condizione di ottundimento emotivo può avere forme relativamente sopportabili che i pazienti descrivono come sentirsi ‘distanti dalle cose’, o poco coinvolti emotivamente. Può anche assumere forme estreme di totale annichilimento e di morte interiore.

Le persone riferiscono di provare una strana sensazione di disconnessione dal proprio corpo, un qualcosa di mai provato prima. Si sentono come se stessero vivendo un’esperienza extracorporea, di totale distacco, come se fossero in un sogno o si guardassero all’interno di un film.

La persona può sentirsi distaccata dal proprio intero essere (“Non sono nessuno”), così come da aspetti del proprio Sé. Ad esempio, sentimenti (“So di avere emozioni ma non le sento”), pensieri (“I miei pensieri non sembrano miei”), corpo o parti del corpo (“Mi guardo allo specchio e non mi riconosco”).(14)

La derealizzazione ha caratteristiche simili alla depersonalizzazione ma si riferisce alla sensazione di irrealtà, di distacco o estraneità nei confronti del mondo. Sia esso rappresentato da persone, oggetti inanimati o tutto l’ambiente circostante.

La persona può sentirsi come se si trovasse nella nebbia, o come se ci fosse un velo o una parete di vetro tra Sé e il mondo circostante.

In questo stato di derealizzazione si ha la sensazione di essere separati dal mondo esterno al punto che questo può apparire distorto e irreale, non riconoscibile.

Gli oggetti possono risultare di forme e dimensioni diverse, cambia la percezione del tempo come se scorresse troppo velocemente o troppo lentamente. I suoni possono risultare più forti o più deboli del previsto. Emergono delle alterazioni percettive come se non si avesse familiarità con la realtà circostante che può apparire piatta, senza colore, senza vita.(15)

Sintomi comportamentali:

Uno dei comportamenti più comuni per coloro che soffrono di ansia è l’evitamento, ovvero queste persone tendono ad evitare tutte le situazioni che ritengono poter essere stimoli ansiogeni. Alcuni evitano anche certe attività in cui provano determinate sensazioni fisiche, altri evitano di andare in alcuni posti, luoghi affollati, mezzi pubblici, ecc.. Le persone tendono dunque a rimanere all’interno di una propria comfort zone che, col tempo, evitamento dopo evitamento, può restringersi notevolmente diventando un limite piuttosto invalidante. Anche se questo può provocare una certa frustrazione, viene spesso considerato una opzione migliore in quanto più rassicurante perché conosciuta; uscendo dalla comfort zone, invece, si rischia di andare incontro all’ignoto, all’incontrollabile, agli attacchi di ansia.

L’evitamento nonostante procuri un momentaneo sollievo dall’ansia in quanto fan sentire la persona più al sicuro dal pericolo temuto, a lungo termine si rivela non solo inefficace, ma contribuisce a mantenere il problema.

Esistono diversi metodi per contrastare l’evitamento, come ad esempio l’esposizione graduale.

Similmente all’evitamento, quando le persone iniziano a percepire le sensazioni fisiche e/o mentali che pensano legate all’ansia, tendono a fuggire dalla situazione o dal luogo in cui si trovano, allontanandosi dagli stimoli ansiogeni e ricercando una zona in cui potersi sentire maggiormente al sicuro. Anche in questo caso seppure l’allontanamento dal luogo in cui si sta sperimentando ansia, può concedere un momentaneo sollievo, nel lungo periodo questa strategia intensifica le proprie paure, rinforzando e aumentando gli evitamenti.

La ricerca di rassicurazione è una naturale risposta alla paura e alla percezione di pericolo, per cui in via preventiva o in concomitanza di episodi di ansia, è piuttosto comune che alcune persone cerchino la compagnia di una figura protettiva, in genere un familiare o un amico, per sentirsi più tranquilli. Questa strategia riflette l’attivazione del sistema di attaccamento dell’individuo che è sana e utile entro certi limiti ed in momenti particolarmente difficili, ma se usata in modo costante e indiscriminato, può diventare disfunzionale e stimolare una eccessiva dipendenza, rinforzando in tal modo la convinzione di incapacità e vulnerabilità personale. A volte il ruolo protettivo è attribuito ad alcuni oggetti, come una confezione di ansiolitico, una bottiglia d’acqua o il telefono cellulare.

L’immobilizzazione è una delle risposte difensive a livello neurocettivo più estreme dell’essere umano. L’immobilizzazione è un comportamento che può essere attuato involontariamente di fronte ad una situazione ritenuta altamente pericolosa, non necessariamente a livello fisico, ma anche a livello psicologico (come una possibile umiliazione o attacco verbale.) Similmente ad alcuni animali che si fingono morti di fronte ad un predatore da cui non possono fuggire, ci si immobilizza come strategia di sopravvivenza, in alcuni casi più efficace rispetto all’attacco o la fuga. 

Possono verificarsi situazioni in cui lo stato d’ansia e il senso di vulnerabilità diventano così intense che ad un certo punto è come se si spengesse un interruttore per cui il corpo va in blocco. 

Per contrastare questo sintomo, è importante rinforzare il nostro set di competenze e di risorse per accrescere man mano il nostro senso di autoefficacia e ridurre il senso di vulnerabilità percepita.

I disturbi d'ansia

che cos'è il disturbo d'ansia

L’ansia diventa un problema e può configurarsi come un disturbo d’ansia quando i sintomi ansiosi vengono esperiti con una frequenza e un’intensità tali da creare sofferenza fisica e/o emotiva e tali da interferire significativamente negli ambiti di vita di un individuo, condizionando in modo eccessivamente limitante le proprie scelte.

Vediamo ora quali sono i disturbi d’ansia, in base all’inquadramento diagnostico, la sintomatologia presentata(16)

  • disturbo d’ansia da separazione

  • mutismo selettivo

  • agorafobia

  • l’ipocondria

  • fobie specifiche

  • disturbo d’ansia generalizzata

  • disturbo di panico

  • la fobia sociale

  • disturbo d’ansia indotto da sostanze

  • disturbo d’ansia causato da altre situazioni mediche

Come curare l’ansia. Psicoterapia e farmaci

la psicoterapia per curare l'ansia
farmaci per curare l'ansia

Le attuali forme di intervento prevedono trattamenti psicoterapeutici e/o farmacologici. Il secondo può essere erogato esclusivamente da un medico, solitamente psichiatra. I due tipi di trattamento possono coesistere ed essere integrati all’interno del percorso di cura ed avvalersi della sinergia tra psicoterapeuta e psichiatra 

La psicoterapia resta comunque l’unico trattamento che oltre a lavorare sulla gestione dei sintomi, lavora anche sui processi psicologici che contribuiscono a mantenere il problema, orientando l’intervento ad una risoluzione più ampia e duratura nel tempo.

Affiancati e sostenuti dall’aiuto di uno psicoterapeuta è possibile andare oltre la cura dei sintomi, allargando lo sguardo ad una più ampia comprensione del fenomeno.

Quando chiedere aiuto ad un professionista

curare l'ansia con la psicoterapia

In generale se una persona vuole vivere meglio nella propria pelle, non dovrebbe aver bisogno di “validi motivi” per concedersi questa opportunità. Purtroppo su questa affermazione pesano i pregiudizi, ancora piuttosto presenti, sul ruolo dello psicologo, sulla psicoterapia e più in generale sull’accesso alle cure nell’ambito della salute mentale. 

Tuttavia possiamo dire che sarebbe auspicabile rivolgersi ad un professionista, nei casi in cui l’ansia diventa una esperienza estremamente pervasiva, limitante e duratura nel tempo condizionando significativamente la qualità di vita della persona. L’utilità di rivolgersi ad uno specialista sta nel fatto di poter essere affiancati e aiutati a comprendere e chiarificare la natura e la manifestazione del disagio in corso, ricevere indicazioni utili per facilitare la migliore ripresa possibile.