Problemi di Ansia e Attacchi di Panico

AMBITI DI INTERVENTO

Negli ultimi anni sempre più persone chiedono aiuto per problemi di ansia. Questo incremento dell’ansia e dei disturbi d’ansia si sviluppa in parallelo con un aumento di fattori stressanti, di natura multifattoriale (personali, familiari, sociali, eventi stressanti di varia natura).

Di per sè l’ansia non è un problema, bensì una normale risposta adattiva del nostro organismo, che sperimentiamo e manifestiamo sul piano delle sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti e che ci predispone ad affrontare un potenziale pericolo. L’ansia rappresenta quindi una importante risorsa in quanto ha una funzione adattiva per la sopravvivenza. La sua funzione è proprio quella di attivare l’organismo per affrontare al meglio pericoli, minacce o eventi significativi a cui siamo esposti. Questo stato di maggiore attivazione e la spinta motivazionale che ne consegue favoriscono l’aumento di concentrazione, di attenzione, e in generale un aumento della soglia di reattività, necessaria e funzionale a rispondere alla situazione che ci attende.

L’ansia tende ad aumentare di intensità e può rappresentare un problema tanto più la percezione di pericolo non è supportata dall’esame di realtà, ovvero dalla presenza di un pericolo realmente imminente e tanto più il pericolo è percepito più grande della nostra capacità di fronteggiarlo. In questi casi si innescherà un ciclo di pensieri legati alla percepita mancanza di risorse e a preoccupazioni che non fanno altro che aumentare lo stato ansioso.

Un aspetto chiave quindi che determina l’intensità e la pervasività della sintomatologia ansiosa è la valutazione delle proprie capacità di affrontare la minaccia percepita. Quando una persona pensa di essere vulnerabile, di non potercela fare e mette costantemente in atto comportamenti alla ricerca di sicurezza il suo set di vulnerabilità cognitiva viene automaticamente rinforzato. Nel tempo si troverà a pensare di essere sempre meno capace e adeguato ad affrontare le situazioni temute.

Nella psicoterapia per superare le difficoltà legate all’ansia è importante lavorare a più livelli: cognitivo, emotivo, comportamentale e corporeo. 

Nella pianificazione e nella pratica dell’intervento psicoterapeutico, è importante fare riferimento alle linee guida più accreditate dalla comunità scientifica e al tempo stesso bisogna tener conto delle differenze individuali e del contesto in cui si manifesta quella specifica problematica. Applicare protocolli di intervento in modo acritico e indiscriminato può compromettere l’efficacia dell’intervento se non addirittura arrecare un danno alla persona. 

Le linee guida generali da seguire nel lavoro terapeutico relativo al trattamento dei problemi di ansia e attacchi di panico, si concentrano tendenzialmente sui seguenti punti:

  • Imparare ad osservarsi, notare, riconoscere e distinguere sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti attivati durante gli stati d’ansia;
  • Riconoscere i pensieri disfunzionali con cui interpretiamo alcuni stimoli interno o esterni e che contribuiscono ad amplificare la sintomatologia ansiosa;
  • Prendere consapevolezza dei bias cognitivi con cui si distorce la percezione di sé e del mondo esterno che confermano le credenze disfunzionali e che mantengono i disturbi d’ansia;
  • Ristrutturazione cognitiva, modificando gli schemi maladattivi e promuovendo la costruzione di forme di pensiero più funzionali; 
  • Problem solving;
  • Lavorare sul corpo attraverso l’apprendimento di tecniche di respirazione e tecniche di rilassamento;
  • Praticare la mindfulness.

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Attacchi di panico: sintomi cause e cura

In questo articolo forniremo delle informazioni utili per comprendere in che modo si generano le crisi d’ansia e come possono culminare in attacchi di panico. Spiegheremo quindi che cos’è un attacco di panico, quali sono i sintomi più comuni, quali fattori contribuiscono ad alimentare il circolo vizioso dell’ansia e a mantenere il disturbo di panico. Infine vedremo come curare gli attacchi di panico e a chi sono i professionisti a cui rivolgersi.

Che cosa sono gli attacchi di panico

Un attacco di panico è caratterizzato da un aumento improvviso di paura o da un intenso disagio fisico e/o emotivo (la cui insorgenza può avvenire sia da uno stato di calma che da uno stato ansioso) che raggiunge il suo picco massimo in pochi minuti.

Da un punto di vista cognitivo, gli attacchi di panico sono il risultato di interpretazioni “catastrofiche” di eventi fisici e mentali che vengono erroneamente considerati come segni di un imminente pericolo.

E quindi come inizia un attacco di panico? L’attacco di panico inizia la sua escalation in quanto l’ansia viene associata a dei sintomi fisici (tensione muscolare, aumento del battito cardiaco, vertigini, sudorazione, nausea, debolezza, sensazione di soffocamento) che vengono male interpretati (in modo erroneo e catastrofico) e producono un ulteriore aumento del livello d’ansia, innescando un circolo vizioso che culmina appunto nell’attacco di panico.

Quali sono i sintomi e come riconoscere un attacco di panico

come riconoscere i sintomi di un attacco di panico

La sintomatologia fisica varia da persona a persona e può interessare vari sistemi come quello cardiovascolare, respiratorio, gastrointestinale, urinario e nervoso.

Nello specifico, durante gli attacchi di panico, la persona sperimenta quattro o più dei seguenti sintomi:

  • palpitazioni, cardiopalma o tachicardia
  • sudorazione
  • tremori fini o a grandi scosse 
  • dispnea o sensazione di soffocamento
  • dispnea o sensazione di soffocamento 
  • sensazione di asfissia
  • dolore o fastidio al petto 
  • dolore o fastidio al petto 
  • nausea o disturbi addominali
  • sensazioni di svenimento, sbandamento, instabilità o testa leggera 
  • brividi o sensazioni di calore 
  • parestesie, sensazioni di torpore o formicolio 
  • derealizzazione o depersonalizzazione
  • paura di perdere il controllo o di impazzire 
  • paura di morire

 

Differenza tra attacco d’ansia, attacco di panico e disturbo di panico

che cos'è il disturbo di panico

Se prendiamo come riferimento diagnostico il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), vedremo che il termine “attacco di panico” viene usato per indicare i sintomi associati al Disturbo di Panico. 

Il termine “attacco di ansia” invece non è presente nel DSM-5. Piuttosto, l’ansia viene usata per descrivere una caratteristica fondamentale di molte condizioni comprese nella macro categoria di “Disturbi d’ansia”. L’attacco d’ansia fa riferimento soprattutto ad uno stato, magari acuto, di forte preoccupazione, angoscia e apprensione che possono talvolta accompagnarsi s sensazioni di tachicardia, affanno respiratorio, sudorazione, formicolio, vertigini, mal di stomaco. 

Un attacco di panico, come già detto, fa riferimento all’improvvisa comparsa di un periodo distinto e breve di intenso disagio, di ansia, o di paura accompagnati da sintomi somatici e/o cognitivi. Gli attacchi di panico possono manifestarsi in qualsiasi disturbo d’ansia, di solito in situazioni correlate alle caratteristiche centrali del disturbo (p. es., una persona con la fobia dei serpenti può sviluppare panico alla vista di un serpente). Tali attacchi di panico sono definiti attesi. Gli attacchi di panico inaspettati sono quelli che si verificano spontaneamente, senza alcun innesco apparente.

Tra gli attacchi di panico e le crisi d’ansia ci sono quindi delle differenze in termini quantitativi e qualitativi: 

Come vediamo, l’attacco di panico si distingue dagli attacchi di ansia per il tempo che impiega ad arrivare al picco d’intensità che, solitamente, nell’ansia la comparsa dei sintomi può essere meno immediata, ma può persistere più a lungo, negli attacchi di panico invece, i sintomi compaiono solitamente in modo intenso, rapido e improvviso poi dopo pochi minuti la loro intensità si abbassa. Alcuni attacchi possono durare più a lungo o verificarsi in successione, rendendo difficile determinare quando un attacco termina e un altro inizia. Infine, dopo un attacco, non è insolito sentirsi preoccupato o turbato per il resto della giornata. Alcuni pazienti descrivono sensazioni di spossatezza e strascico anche diverse ore dopo.[1]  

Il disturbo di panico invece consiste nella comparsa di ripetuti attacchi di panico tipicamente accompagnati dalla paura anticipatoria di un attacco futuro e/o da cambiamenti nel comportamento atti a evitare situazioni che possono predisporre agli attacchi. 

Il disturbo di panico viene diagnosticato dopo aver escluso i disturbi organici che possono simulare l’ansia e quando i sintomi rispondono ai criteri diagnostici stabiliti all’interno di un manuale diagnostico come il DSM-5. Quest’ultimo dice che i pazienti devono avere attacchi di panico ricorrenti (la frequenza non è specificata) in cui ≥ 1 attacco è stato seguito da una o entrambe le seguenti situazioni per ≥ 1 mese:

  • Preoccupazione persistente di avere attacchi di panico aggiuntivi o preoccupazione circa le loro conseguenze (p. es., perdere il controllo, impazzire)
  • Risposta comportamentale maladattiva per gli attacchi di panico (p. es., evitando le attività comuni, come l’esercizio o le situazioni sociali per cercare di prevenire ulteriori attacchi).

Quanto durano gli attacchi di panico

Un attacco di panico nella maggior parte dei casi dura pochi minuti, mediamente si risolve tra i 5 e i 20-30 minuti, in alcuni casi può durare fino ad un’ora. Le persone durante questo arco di tempo possono avere la sensazione che il tempo sia molto più lungo, la loro percezione spazio temporale può essere alterata. La crisi di panico è vissuta con un senso penoso di impotenza, paura e mancanza di controllo.

Alla crisi acuta segue un periodo prolungato, anche di molte ore, in cui sono presenti sensazioni di “testa confusa”, marcato stato di spossatezza, sensazioni di sbandamento, vertigini.

Quali sono le cause degli attacchi di panico

quanto dura un attacco di panico

Non ci sono delle cause dirette di ordine deterministico, in quanto innumerevoli variabili interagiscono nella vita di una persona, tuttavia all’interno di un processo di causalità circolare, esistono senza dubbio dei fattori di rischio che aumentano le probabilità di sviluppare problemi di ansia, tra cui anche gli attacchi di panico.

Fattori di rischio

I fattori di rischio aumentano la predisposizione agli attacchi di panico

  • Fattori genetici, ovvero ci sono persone che hanno una familiarità e una predisposizione all’insorgenza di disturbi d’ansia. 
  • L’ambiente familiare, e il tipo di relazioni che si instaurano dai primi anni di vita con le figure di riferimento, possono condizionare notevolmente il proprio modo di sentire, di pensare e di comportarsi.  Possiamo aver imparato che il mondo è pericoloso e che noi non siamo abbastanza capaci ad affrontarlo, oppure alcuni eventi traumatici possono aver stimolare un maggior senso di vulnerabilità e di sentirsi spesso non al sicuro. Dei genitori con uno stile di accudimento iperprotettivo, potrebbero, nonostante il loro intento benevolo di offrire sicurezza e limitare al massimo l’esposizione a fattori stressanti, rinforzare il senso di vulnerabilità e altre convinzioni maladattive. 

Fattori stressanti e/o traumi in una determinata fase di vita.

Perché vengono gli attacchi di panico

Al di là dei fattori di rischio che possono creare delle condizioni favorevoli all’insorgenza di problemi di ansia, possiamo spiegare perché vengono gli attacchi di panico in modo così rapido, all’improvviso apparentemente senza motivo. Le spiegazioni scientificamente più accreditate, fanno riferimento a interpretazioni erronee e catastrofiche di sensazioni fisiche o mentali.

Come abbiamo accennato all’inizio dell’articolo, la persona che sta per avere un attacco di panico tende a focalizzare la sua attenzione in modo selettivo sulle sensazioni fisiche, che vengono interpretate come segno di un pericolo imminente. La preoccupazione per questi sintomi fisici non fa altro che amplificare gli stessi, dando vita a quello che è noto come “circolo vizioso del panico”.

Che conseguenze ha un attacco di panico?

conseguenze di un attacco di panico

Le conseguenze immediate subito dopo aver avuto un attacco di panico sono una sensazione di spossatezza, stordimento. In generale non comporta problemi di salute dal punto di vista fisico, salvo in persone con particolari patologie a carico dell’apparato cardiocircolatorio e/o respiratorio. 

Le conseguenze successive invece possono incidere pesantemente su un piano psicologico e comportamentale invece, a partire da un aumento della preoccupazione per la propria salute, condotte di evitamento, ansia anticipatoria e agorafobia.

Ansia anticipatoria

La cosiddetta ansia anticipatoria si riferisce al timore di riprovare le sensazioni fisiche interne, percepite come pericolose che precedentemente hanno suscitato forte spavento e preoccupazione. Possiamo definirla come la “paura della paura”, nel senso che di fronte alla possibilità di affrontare situazioni temute o rispetto all’eventualità di avere un altro attacco di panico, le persone provano uno stato di continua apprensione e compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e affettivo che è di per sé fonte di grande sofferenza e si accompagna ad una serie di sintomi ansiogeni piuttosto duraturi visto che possono persistere per ore o persino per l’intera giornata.

Evitamento

L’ansia anticipatoria è alla base delle condotte d’evitamento, in quanto la paura di un nuovo attacco di panico spinge ad evitare i luoghi in cui si è avuta la crisi o quei contesti che hanno caratteristiche analoghe, e più in generale, tutti i posti da cui è difficile allontanarsi o ricevere aiuto in caso di necessità. Pur variando da persona a persona le situazioni più evitate possono riguardare lo stare da soli, l’allontanamento da casa senza “fonti protezione” (accompagnatori, farmaci ansiolitici, ecc…), guidare in autostrada, il recarsi in luoghi affollati o l’uso di mezzi pubblici. L’evitamento e la ricerca di continua rassicurazione attraverso la dipendenza da oggetti o persone) nonostante procurino un momentaneo sollievo dall’ansia in quanto fanno sentire la persona più al sicuro dal pericolo temuto, a lungo termine si rivelano non solo inefficaci, ma contribuiscono a mantenere il problema.

Agorafobia

Il termine ha origine dalla lingua greca e significa, “paura della piazza”, viene definita come l’ansia di trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto nel caso di un attacco di panico o dei sintomi del panico. Le condotte agorafobiche sono determinate sia dall’evitamento di situazioni specifiche sia dalla ricerca di elementi rassicuranti. Infatti nella maggior parte dei casi, le persone ricercano sempre più la compagnia continua di una figura protettiva, evitando il più possibile di stare da sole o di trovarsi nelle situazioni in cui sono lontae da luoghi e persone familiari. In questo modo hanno la sensazione di condurre una vita apparentemente normale ma da cui possono diventare eccessivamente dipendenti rinforzando in tal modo la convinzione di incapacità e vulnerabilità personale. A volte il ruolo protettivo è attribuito ad alcuni oggetti, come una confezione di ansiolitico, una bottiglia d’acqua o il telefono cellulare. Quest’ultimo è percepito come una vera e propria ancora di salvezza in quanto consente di chiedere aiuto ovunque ci si trovi.”[1].

L’agorafobia ha principalmente per oggetto i luoghi pubblici e frequentati, (ristoranti, cinema, centri commerciali ecc..), viaggiare da soli nei bus, metropolitane, treni o aerei ecc. I soggetti agorafobici per questo motivo diventano spesso dipendenti dalle mura domestiche o costretti a uscire di casa solo se accompagnati. 

I pazienti agorafobici possono continuare ad avere attacchi di panico per anni, anche se la loro frequenza di solito si riduce con il progredire delle condotte di evitamento Tipicamente l’agorafobia provoca notevoli limitazioni dell’autonomia personale ed è vissuta come una condizione inabilitante e fastidiosa dalla quale sembra impossibile liberarsi.

Come riconoscere e cosa fare quando ho un attacco di panico o di ansia

cosa fare e come comportarsi in caso di attacchi di panico

Sapere riconoscere e gestire nell’immediato un attacco di panico o una crisi d’ansia può aiutare a non farsi trovare impreparati da questa eventualitàDato che spesso l’attacco di panico è accompagnato dall’iperventilazione, può aiutare portare l’attenzione sulla propria respirazione. Notare come durante la crisi, il ritmo è accelerato e l’estensione del proprio respiro è piuttosto breve. Provare quindi gradualmente a fare dei respiri più lenti e profondi. Portare l’attenzione sull’aria che entra nelle narici e allungare un po’ la fase di espirazione. Notare le sensazioni dell’addome che lentamente si espande e si svuota durante ogni inspirazione ed espirazione. 

Non è utile cercare di sopprimere i pensieri e scacciare le emozioni di paura e preoccupazione, in quanto si ottiene spesso l’effetto opposto, ovvero di intensificare i pensieri catastrofici e il relativo stato di agitazione. Piuttosto che farsi travolgere dall’onda del panico, proviamo a “surfarlo” ricordando a sé stessi che non si è in pericolo di vita, e nonostante la forte paura, queste emozioni e sensazioni spiacevoli sono transitorie e tanto più accetto la loro presenza spaventosa ma innocua, tanto più svaniranno rapidamente. Nel tempo è possibile imparare a stabilire una distanza ottimale in modo da poter tollerare il contatto con questo tipo di esperienze senza esserne travolti. 

Ovviamente questi suggerimenti sono solo uno spunto informativo utile, per cui se i sintomi persistono comunque è sempre consigliabile consultare un professionista in grado di mettere le sue competenze al servizio dei pazienti, costruendo con loro un percorso terapeutico personalizzato.

Come comportarsi con una persona che ha un attacco di panico?

come aiutare e come comportarsi con una persona che sta avendo un attacco di panico

Stare a fianco di una persona che soffre di attacchi di panico può essere un’esperienza molto angosciante, soprattutto se non si sa come intervenire per aiutarla. Ci si può sentire impotenti, proprio per il fatto di non sapere cosa fare oppure ci si può improvvisare con il rischio di rendere più penosa l’esperienza di chi è alle prese con una crisi di panico. Proveremo di seguito a dare dei consigli utili per aiutare una persona che sta avendo un attacco di panico. 

Per prima cosa bisogna capire cosa sta succedendo. Rendersi conto che si è in presenza di un attacco di panico e non di un malore di altro tipo può essere particolarmente difficile soprattutto se è la prima volta che succede o se non sappiamo che quella persona soffre di attacchi di panico. In questi casi per sicurezza chiamare l’assistenza medica. Nei casi in cui abbiamo certezza che si è di fronte ad un attacco di panico, valgono le indicazioni che seguono.

Di base è utile tenere a mente che colui che sta avendo una crisi di panico, è in una condizione di forte allarme, quindi alle prese con un senso di pericolo e paura, per cui il suo bisogno impellente è quello di rispristinare un senso di sicurezza. Si deve pertanto avere un atteggiamento che comunichi calma e tranquillità, usando un tono rassicurante

Se capiamo che il panico è legato alla presenza di uno stimolo attivante presente nell’ambiente in quel momento, accompagnare la persona ad allontanarsi per creare condizioni più rassicuranti.

Non sminuire o negare la sua reazione emotiva, bensì comunicare comprensione e rassicurare dalla paura del giudizio e dalla vergogna che può provare. 

Non fare pressioni magari incalzando la persona con la richiesta di calmarsi e non agitarsi perché in quel momento hanno l’effetto opposto. Piuttosto stare con la persona al massimo chiedendogli se c’è qualcosa che possiamo fare che le sia di aiuto.

Il solo fatto di non essere lasciati soli e di percepire la presenza di una persona accanto è già di aiuto.

Aiutare la persona a regolare la respirazione, rispettando la difficoltà del momento e senza perdere la pazienza. Spesso la persona che sta avendo un attacco di panico respira in modo breve e veloci rischiando di andare in iperventilazione con la terribile sensazione di fame d’aria, per cui possiamo invitarlo a rallentare un po’ la respirazione, inspirando con il naso, facendo entrare l’aria fino ad espandere l’addome e allungare il tempo dell’espirazione. Spesso respirare insieme aiuta a modulare e regolare il ritmo della respirazione.

Di solito queste crisi raggiungono il picco entro i dieci minuti e poi gradualmente diminuiscono di intensità. Per cui anche il tempo che passa contribuisce al graduale ripristino delle condizioni di normalità

Se l’episodio dovesse protrarsi più di quanto ci si aspetti o i sintomi sembrano persistere, non esitare a chiamare un soccorso medico, anche per non farsi carico di una responsabilità più grande di sé.

A chi rivolgersi e come curare gli attacchi di panico

Gli specialisti competenti per la cura degli attacchi di panico e del disturbo di panico sono lo psichiatra o neurologo e lo psicoterapeuta. I primi due sono medici specializzati e sono gli unici che possono prescrivere farmaci, lo psicoterapeuta invece è colui che cura gli aspetti psicologici correlati al sintomo del panico.

A seconda delle valutazioni del caso ci si può quindi rivolgere all’uno o all’altro professionista, o si può optare per trattamenti integrati tra farmacologia e psicoterapia.

Farmaci per curare gli attacchi di panico

cura con farmaci per attacchi di panico

Per la cura degli attacchi di panico e nel trattamento del disturbo di panico è possibile intervenire con terapie psicofarmacologiche appartenenti a diverse classi di farmaci:

  • Benzodiazepine

Le benzodiazepine sono farmaci sintomatici ad emivita breve cioè agiscono rapidamente (nel giro di qualche minuto) e solo temporaneamente sul sintomo ansioso (dopo qualche ora l’effetto svanisce), bloccando l’attacco di panico.  Sono inoltre farmaci che possono portare a sviluppare tolleranza e dipendenza se assunti in modo sconsiderato, senza la guida del proprio medico.

  • Antidepressivi

Altre classi di farmaci utilizzati per gli attacchi di panico sono gli antidepressivi. Attualmente vengono privilegiati gli SSRI, detti “antidepressivi di nuova generazione” che, rispetto ai vecchi antidepressivi, sono meglio tollerati e presentano minori effetti collaterali.

Nel trattamento degli attacchi di panico, la scelta della terapia farmacologica più indicata è comunque di competenza del proprio psichiatra che farà le proprie valutazioni in base alla specifica situazione e alle caratteristiche di quel paziente. Inoltre la valutazione da parte di uno specialista può aiutare ad identificare eventuali disturbi in comorbilità al disturbo di panico (ad es. un disturbo depressivo), consentendo di impostare una migliore e più efficace terapia farmacologica. Infine è importante che nella gestione della terapia farmacologica il paziente faccia sempre riferimento al proprio medico consultandosi con lui per qualsiasi esigenza, dubbio o problema che possa insorgere durante il trattamento farmacologico. [2]

Psicoterapia per curare gli attacchi di panico

la psicoterapia per curare gli attacchi di panico

La psicoterapia è utile per aiutare la persona ad adottare strategie efficaci di fronteggiamento del sintomo, ma anche di comprensione degli aspetti psicologici ad esso collegati, e di apertura alla possibilità di un cambiamento personale più ampio che vada oltre la remissione del sintomo, migliorando significativamente la propria qualità di vita.

Per quanto riguarda come si curano gli attacchi di panico, possiamo dire che un attacco di panico isolato potrebbe non richiedere una cura specifica, anche se essendo una esperienza emotivamente e fisicamente piuttosto destabilizzante, di solito lascia una traccia alquanto marcata nella memoria della persona, che da quel momento inizia solitamente a preoccuparsi e ad aumentare il controllo sulle proprie sensazioni e sugli stimoli ambientali a cui si espone, per paura di un altro attacco. Tuttavia ogni valutazione deve sempre tener conto del contesto di riferimento dell’episodio e del fatto che ogni individuo unico e può reagire alla comparsa degli attacchi di panico in maniera differente. 

Negli ultimi decenni sono stati pubblicati molti studi da parte di gruppi di ricerca afferenti a diversi orientamenti teorici, che hanno favorito una maggiore comprensione del fenomeno degli stati d’ansia e degli attacchi di panico. Avvalendoci di questo notevole bagaglio di ricerca ed esperienza clinica, oggi è possibile attuare degli interventi terapeutici che integrano tutti i più autorevoli contributi offerti dalle diverse scuole di pensiero. Possiamo quindi costruire dei piani di trattamento calibrati sulle caratteristiche individuali che includono azioni a livello comportamentale, cognitivo, emotivo e corporeo a seconda delle singole necessità e accessibilità.

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